Graziano Negri: una retrospettiva a San Vito al Tagliamento

30 novembre - 19 gennaio 2014

Graziano Negri (1957-2013)

Graziano Negri (1957-2013) a cura di Valentino Turchetto, Alessandro Del Puppo, Denis Viva

Per vent’anni il lavoro di Graziano Negri è consistito nel semplice e nobile impegno di dipingere impiegando una varietà di colori - dalla convenzionale pittura a olio alle vernici alchidiche che egli stesso preparava - e disporli sopra un supporto, che poteva andare dalla tela vera e propria, addirittura grezza agli esordi negli anni Ottanta, sino alla superficie in alluminio.

Questa ricerca non si è mai limitata a esplorare l'incontro, casuale o calcolato che fosse, tra il pigmento e la superficie, al facile scopo di ricavarne una qualche piacevolezza decorativa. Essa, invece, ha piuttosto perseguito una pedagogia visiva dell'immagine, una reiterazione quotidiana del dipingere che poteva, forse, essere il senso ultimo dell'astrazione in un'epoca che sembrava aver spogliato quest'ultima da ogni velleità di progresso linguistico. Per Negri ogni quadro è stato innanzitutto il risultato di un conflitto, tra l’intenzione della forma, come progetto di lavoro pittorico, e il suo compimento, più o meno raggiunto. È stata una pratica integra che ha avuto l'intelligenza e la civiltà dell'etica artigiana, di quel “saper-fare” che non è nocivo all'onestà dell'opera. Un'indagine continua senza nessuna evoluzione premeditata e concordata.

Per tali ragioni questa mostra prova a riaprire le carte di vent'anni, a restituire senza scrupoli cronologici le sue opere alla visione, a schierarle e lasciare che si richiamino fra loro. Non è forse, ancora, la retrospettiva che Negri si merita, né soltanto un omaggio. É un atto dovuto per chi ha affidato anche alle immagini, senza retorici biografismi, la propria memoria.

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Alessandro Ruzzier

Senza, 2013

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Questo progetto fotografico nasce dalla volontà di entrare in relazione, di trovare una via per traguardare e tramandare il lavoro pittorico che è stato di Graziano Negri. Non una forma di commemorazione o di omaggio, ma un tentativo di coglierne il nucleo, di comprenderne in profondità la poetica, assecondando l'assenza di soggetto e la rigorosa autoanalisi, del mezzo su sé stesso, che è stata della sua pittura. Alessandro Ruzzier propone dieci foto, in corrispondenza biunivoca: cinque foto di una lastra d'alluminio ancora intonsa, supporto usato da Negri e trovato nel suo studio, che accoglie i riflessi provocati dallo stesso atto di fotografarla, fronteggiano cinque foto di negativi, consunti da segni e imperfezioni, materiale inservibile che il fotografo conserva invece nel suo studio, come immagine potenziale, da sviluppare e svelare. Fotografia e astrazione trovano così un comune, e inaspettato, territorio di ricerca: la sparizione del soggetto, di quel soggetto “reale” che sembra imprescindibile per la fotografia, sostituito dalla riflessione sia teorica che fisica sul proprio codice visivo. Due superfici, la lastra su cui Negri faceva colare il colore e la lastra (negativo) fotografica su cui l'immagine sarà impressionata, corrispondono a due stadi di latenza dell'immagine, di ciò che esse accoglieranno, il pigmento o la luce. Pittura e fotografia si affrontano specularmente, ognuna specchiando sé stessa, ciascuna accogliendo i segni e il lavoro della superficie.